martedì 12 febbraio 2013

IL GRANDE SCISMA

CARLO MALATESTA
 DIFENSORE DELLA TIARA PAPALE
E I PONTEFICI DEL GRANDE SCISMA

Agli albori del XIV, la Chiesa godeva dei maggiori poteri, sia temporali che spirituali, e li esercitava con la massima ingerenza su qualsiasi regno e signoria. A chi si sottraeva a questo tipo di sudditanza non rimaneva che vedersela con l'esercito pontificio coadiuvato dalle milizie principali alleate del vicario di Cristo.
Le potenze del tempo, Francia, Spagna e Stati italiani, nel gioco della politica e delle espansioni, influenzavano le elezioni del papa attraverso i cardinali della propria fazione o famiglia. Fu a cavallo dei secoli XIV e XV che si verificò l'insanabile spaccatura che durò oltre quarant'anni.
Con l'elevazione al Soglio Pontificio di Urbano V si mossero i primi passi verso la crisi. Infatti Urbano V, 6° dei papi francesi, stanco di Avignone, decise di riportare la sede pontificia in Roma. Dopo cinque mesi era a Roma dove vi giunse sotto la protezione di una miriade di cavalieri e nobili. Capitani della scorta papale erano i miei antenati: i Malatesta.
Appena tre anni dopo Urbano V, stanco della disordinata politica italiana, tornò ad Avignone dove morì un mese dopo. A succedergli fu Gregorio XII, settimo papa francese, che si stabilì a Rimini per preparare il Concilio che aveva indetto; ivi rimase ospite di Carlo Malatesta. Il vicario di Cristo aveva scelto il Malatesta come protettore: il più nobile dei cavalieri, il più fedele alla causa della Chiesa; così con il passare degli anni, nella buona o cattiva sorte, si arriva ad Alessandro V, lo scismatico.
Intanto a Pisa le cose non si mettevano bene. I Cardinali stanchi di Gregorio XII e delle vessazioni di Benedetto XIII, detto l'illegale (perché eletto durante un concilio generale senza l'autorità del pontefice), decisero di deporre i  papi e di eleggerne uno nuovo: il Cardinale Pietro Filargio, ossia Alessandro V.
A far rilevare l'errore giuridico al concilio di Pisa fu Carlo Malatesta inviatovi come ambasciatore e latore dei messaggi del pontefice Gregorio XII (fino allora unico e legittimo detentore della tiara papale).
Quindi i papi divennero tre: Gregorio XII il legittimo, Benedetto XIII l'antipapa (detto l'eretico) e Alessandro V lo scismatico, perché eletto per errore giuridico. Un po' di luce sembrò filtrare in quelle tenebre quando, un anno dopo, si spense Alessandro V ma fu una chimera, perché dopo un po' i papi ritornarono ad essere in tre e più agguerriti che mai.
Per Carlo Malatesta ricominciava da capo la sua difficile mediazione e fu  ardita l'opera di convincere Gregorio XII alla rinuncia al Soglio papale. La questione ebbe una svolta positiva quando il concilio, processando Giovanni XXIII, fuggiasco in Germania, lo fece imprigionare nel castello di Hausen. Indubbiamente, tra le ragioni che portarono a questa risoluzione va ricordata la fiducia e l'opera di Carlo Malatesta prescelto da Gregorio quale suo procuratore speciale per una missione di così di capitale importanza: l'avere dignitosamente difeso la posizione del papa che lo rese accetto ai padri riunitisi poia Costanza. La situazione, come abbiamo potuto osservare, era di quelle che nel mondo della diplomazia si usano definire di stallo: bastava un nulla per risolverla, bastava un nulla per farla precipitare.
Interessi materiali e desiderio di pace, paura del domani e insicurezza dell'oggi, mentre dal mondo intorno salivano impetuose, remote critiche e segni di dissenso: questo era l'ambiente in cui dovette operare Carlo Malatesta.


                                                                                                   ENRICA MALATESTA


martedì 20 gennaio 2009

Isotta e Sigismondo: un amore romantico

Isotta degli Atti, terza moglie di Sigismondo, in una medaglia di Matteo de' Pasti (c. 1453), Rimini, Museo della Città.


Sigismondo Pandolfo Malatesta, in medaglia di Matteo de' Pasti (c. 1441), National Gallery of Australia.

Sigismondo Pandolfo Malatesta, il più illustre rappresentante della Casata, aveva sposato in terze nozze, nel 1459, Isotta degli Atti, donna colta e intelligente, celebrata da vari umanisti del tempo.
Tanta era la fiducia di Sigismondo nelle doti di Isotta - in diverse occasioni aveva retto il governo della città di Rimini - che la designò a succedergli. Ma alla morte di lui (1468) Roberto, figliastro di Isotta, usurpò il potere e secondo alcuni storici la avvelenò.

La tomba della nobile signora è in una Cappella del Tempio Malatestiano, detta Cappella di Isotta, o degli Angeli, o di San Michele. In questa splendida opera architettonica rinascimentale Sigismondo volle lasciare il segno della propria potenza e gloria, immortalandovi al tempo stesso l'amore profondo che lo aveva legato alla moglie.




La tomba di Isotta


Tra le decorazioni del Tempio la sigla SI (Sigismondo e Isotta) ricorre diverse volte, e ritratti di lei sono scolpiti sui pilastri della Cappella mortuaria. A proposito del Tempio, mescolanza di sacro e profano, non vennero risparmiate a Sigismondo critiche da parte del suo grande antagonista, papa Pio II.
Si deve alla requisitoria pronunciata dal pontefice contro il signore di Rimini, e alla scomunica papale del 1461, se i ritratti di Isotta vennero scalpellati e fu coperta con una nuova iscrizione in bronzo quella scolpita inizialmente sul marmo dell'arca del sarcofago.


Chi era Carlo Malatesta


Stemma dei Malatesta
Il mio antenato Carlo Malatesta, nato nel 1368, era il primogenito delle seconde nozze del padre, Galeotto, con Gentile da Varano.
Di quattordici figli che Galeotto ebbe dalle due legittime mogli e da altre donne con le quali divise segreti giacigli, il nostro Carlo, quale figlio maggiore, ereditò non solo la Signoria di Rimini ma anche la Rettoria di Romagna, come dire la carica di governatore della Romagna. E questo dice in qual conto era tenuto.

A diciannove anni, papa Urbano VI lo creò Gonfaloniere della Chiesa e si fece accompagnare da lui a Perugia. Sempre per papa Urbano, corse l'Umbria con 1.200 cavalli contro Antonio di Montefeltro, A vent’anni andò capitano del duca di Milano e del doge di Venezia contro Padova e, due anni dopo, si scontrò con Giovanni da Barbiano «suso el passo della Dose, el quale se redusse a San Marino: et le genti de’ Bolognesi se lo volse soccorrere; ma perché il Sig. Carlo era a Verucchio non possette».
Presso Sant’Arcangelo di Romagna, Carlo e il fratello Pandolfo «ruppero» i bolognesi facendone molti prigionieri. Le insegne tolte furono collocate a trofeo nel tempio di San Giorgio (l’allora cattedrale) in Piazza Grande (attuale Piazza Cavour) a Rimini per gran vanto dei riminesi.

Nell’anno 1391 Malatesta era ancora in guerra, questa volta contro il Montefeltro, e l’anno appresso contro gli Ordelaffi. Il 6 maggio 1394, Bonifacio IX nominava Chi era Carlo rettore e riformatore di Roccacontrada, nelle Marche. Il 1° luglio Carlo e Pandolfo per un prestito di ventiduemila ducati ebbero dalla Chiesa il possesso di Bertinoro con rocca e contado.
E bene si comportò Chi era Carlo Malatesta nell’estate del 1397, quando si adoperò per Mantova con le armi in campo e contro il Biscione, cioè Gian Galeazzo Visconti.

Uomo d’arme, Carlo Malatesta, e di fede, ma soprattutto un grande fautore della diplomazia internazionale.